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La mission di Renato Vavassori è quella di scoprire e allevare nuovi talenti del tennis; per farlo utilizza lo speciale programma SIT presso la sua accademia. Ce ne parla in un’intervista esclusiva.
Palazzolo sull’Oglio – Renato Vavassori, ex giocatore professionista e ora patron dell’Accademia del tennis che porta il suo nome, è molto chiaro quando proviamo ad affrontare il discorso “nuovi talenti del tennis”: “C’è un concetto che va chiarito in partenza – ci dice – perché in Italia non è ancora ben chiara cosa sia la cultura dello sport“.
Renato si fa prendere dalla questione e a ragion veduta visto che, come lui stesso ammette:
“è importante che si capisca la differenza fra sport vero e discipline praticate a livello amatoriale, altrimenti inganniamo l’utente“.
La questione sulla quale insiste Renato Vavassori riguarda, infatti, la disciplina, il metodo e la dedizione che, necessariamente, bisogna dedicare ad uno sport, qualora lo si pratichi con l’intento di trasformarlo in una professione.
“Se parto con una famiglia – ci confessa Vavassori – che non capisce bene la differenza tra attività ricreativa e hobbistica e quella sportiva, non posso creare aspettative. Non è che basta andare alla scuola elementare uno e due giorni alla settimana per imparare tutto! E lo stesso concetto va applicato al tennis e allo sport in genere. Non puoi non allenarti”.
Partendo da questo presupposto l’Accademia di Renato Vavassori si prefigge di allevare nuovi talenti del tennis attraverso la SIT o Scuola di Individuazione Talenti.
“Un fattore che non possiamo negare“ – dice ancora Vavassori – “è che la popolazione giovanile alla quale non solo noi del tennis attingiamo, manca di playground e quindi si trova ad avere qualità fisiche di base e capacità di movimento nello spazio libero: inesistenti!
A livello di capacità motoria mancano oggi quelle qualità che un tempo sviluppavamo nel cortile di casa.
L’attività sportiva nei ragazzi di oggi dovrebbe in qualche modo sostituirsi al playground mancante. Si dovrebbe portare i ragazzi a fare sport tutto il giorno, tutti i giorni. Ecco perché alla mia Accademia, la SAT diventa SIT; il genitore iscrive il ragazzo alla SIT sapendo che non si tratta di un allenamento fine a se stesso, ma di una scuola propedeutica all’individuazione di talenti che selezioniamo e prepariamo per poi promuoverli in quella parte chiamata pre-agonistica e agonistica“.
Ci tiene, Vavassori, a sottolineare la differenza tra sport amatoriale e professionistico e ci tiene anche a mettere subito in chiaro la questione tanto con i ragazzini, quanto con i genitori che vorrebbero iscrivere i propri figli alla sua Accademia di Palazzolo sull’Oglio.
“Mettiamo che qualcuno non abbia ben chiaro come funziona il sistema sport e il sistema tennis in particolare; è già un buon punto di partenza quello della nostra Federazione che ha messo le stelle alle varie scuole. E’ un pò come quando vai in vacanza e sai distinguere un albergo dalla quantità di stelle che ha e capisci che il costo è parametrato sui servizi e sulla qualità che offre.
Ma quello che è importante è che si capisca la differenza fra sport vero e discipline amatoriali, altrimenti inganniamo l’utente. Perché qui sai quante volte le famiglie perpetuano i monosettimanali o i bisettimanali su una scuola tennis e poi si chiedono come mai, a 15 anni, il proprio ragazzo non ha mai fatto un torneo! Ma anche se avesse in corpo il gene di Mc Enroe, come puoi pensare che esploda il talento con una sollecitazione così minima? Il segreto del successo è, insomma, la pratica e solo dopo viene l’aspetto tecnico.
Se la famiglia, o il ragazzo, scelgono di giocare a tennis come hobby, allora faremo la SAT e non il SIT che sono percorsi ben diversi“.
Percorsi presenti nella struttura di Renato Vavassori e percorsi, per l’appunto ben distinti sulla base degli obiettivi che si vogliono raggiungere.
“Quando hai inserito il patto morale e la disciplina sportiva hai creato i cosiddetti presupposti di base; a questo punto entri dentro il sistema con le sue aree di competenza: tecnica, tattica, fisica e mentale”, ci conferma Renato Vavassori.
Le sue lezioni per i più piccoli durano, infatti, 1 ora e mezza e comprendono tre aspetti: mezz’ora di tecnica, mezz’ora di preparazione fisica e, infine, mezz’ora di racchetta.
Per Vavassori è fondamentale, infatti, che si conosca bene il sistema tennis; per questo ha inserito una parte della lezione dedicata alla conoscenza di base di questo sport: “Scusa ma se tu non sai giocare a Briscola qual’è la prima cosa che fai? Impari le regole, giusto?
Ecco, la prima lezione di tennis dovrebbe seguire lo stesso esempio. Prendi due ragazzini, e inizi a spiegare: prima c’è il sorteggio poi si serve, spieghi i punteggi, la conta dei game, i set e gli fai capire, insomma, il gioco che loro stessi stanno cercando di approcciare. Questo è il dritto, questo il rovescio, lo smash, la veronica, la demì volè per poi arrivare a spiegare che da qui a Djokovic ci sono in mezzo, tornei, campionati juniores, ITF, Master Series, Slam, Coppa Davis … ti spiego, insomma, le regole del gioco e poi il sistema. Ma come faccio ad alimentare in questo ragazzo il desiderio di diventare numero 1 al mondo se non sa qual’è la strada per farlo? Se non ha capito chi è Djokovic, se non ha mai visto una partita, come può pensare di coltivare questo sport? E’ un percorso di psicomotricità in senso lato che non parte dall’impugnatura del dritto, ma dalla consapevolezza di entrare in un certo mondo e in un certo ambiente sportivo con un obiettivo ben preciso“.
E a proposito di metodo, Vavassori non disdegna quello utilizzato dalla FIT, ma preferisce seguire i suoi personalissimi dettami che bandiscono le prese eastern, almeno in fase iniziale, e western e si concentrano, invece, sulla classica continental che, tenendo libero il polso, consente più duttilità nel movimento: “Se parto con le eastern ho già bloccato una serie di opportunità, perché se tu non parti con la continental, che è quella che ti da più virtuosismo e capacità di gioco, poi difficilmente tornerai indietro. Il colpo più importante del tennis è il servizio e, di conseguenza, la risposta. Il servizio te lo fanno vedere alla 20a lezione e invece io ti do il messaggio subito: il servizio è un colpo fondamentale che va imparato e allenato da subito. E anche lì: in molti te lo insegnano con la eastern e in fase statica in obbedienza ad una escalation/progressione in fase tecnica. Ma se la nostra generazione ha imparato a giocare con le racchette di legno e le Dunlop bianche su campi dissestati con la continental! E allora bene! Giochiamo ancora così!”.
Servizio e volée sono, dunque, i colpi di base per Renato Vavassori che segue, poi, i dettami della FIT in fatto di minitennis e insegna ai suoi allievi a misurarsi con un avversario non prima di aver eseguito il percorso di preparazione fisica che comprende: circuiti di destrezza con capovolte, cinesini per cambio di direzione e asse di equilibrio; il tutto in un ottica di “svezzamento” così che, come lo stesso Vavassori ci conferma: “Un ragazzo che fa il passaggio all’agonistica non si stupirà se c’è anche la preparazione fisica perché l’avrà già fatta prima; nel passaggio è normale che non ci sia solo la racchetta, ma si intervenga anche sulla mente e sulla preparazione”.
E le testimonianze del successo di questa metodologia non mancano di certo visto che da qui arriva Simone Bolelli, doppista, ma non solo, di altissimo livello e tanti altri campioni che hanno scelto l’Accademia Vavassori per completare o migliorare la propria preparazione come: Francesca Schiavone, Juan Martin Del Potro,
Tathiana Garbin, Omar Camporese, Claudio Pistolesi, Timea Bacsinszky e molti altri ancora.
“Il ragazzo”, prosegue Vavassori “deve capire che, e ti parlo della mia struttura, può ricevere, attraverso il SIT, un’assistenza in tutte le fasi evolutive fino ad arrivare a diventare un campione, come dimostrano i nostri Bolelli o i numerosi altri atleti che si sono allenati con noi”.
“Il segreto del successo”, prosegue Vavassori, “è la pratica dello sport e solo dopo arriva l’aspetto tecnico.
Non esiste qualità senza una base quantitativa anche se il tennis è uno sport tecnico e quindi c’è bisogno di qualità; poi lì, da un punto di vista tecnico, io ho delle idee che ho già sperimentato da 6/7 anni e ho dei ragazzi che fanno veramente di tutto. Sulla metodologia ritengo che anche qui sia un altro punto importante. E’ la prima cosa che io insegno perché se faccio un processo corretto di spiegazione ai genitori devo condividere dei valori con loro“.
Come dicevamo, anche sulla metodologia Renato Vavassori ha le idee chiarissime al punto che le lezioni ai suoi ragazzi sono strutturate in tre fasi da 30 minuti l’una così da permettere agli allievi di essere più facilmente concentrati. “Mezz’ora di tecnica, mezzora di tennis e mezz’ora di motoria” ci conferma Vavassori fortemente convinto che in questo modo i bambini approccieranno l’agonismo in modo più dolce e saranno, inoltre, più abituati alla preparazione fisica e al confronto con l’altro.
Parlando della differenza tra SAT e SIT, Vavassori ci tiene a spiegare che “Io ho la necessità di rimpolpare la parte agonistica perché, dichiaratamente, voglio produrre dei giocatori e quindi faccio promozione, ma non lo faccio per farmi grande, la mia è un’esigenza ed è ben diverso; il circolo tennis, invece, ha logiche differenti più improntate a far quadrare i conti e quindi si pone al tennis come ad una disciplina sportiva amatoriale. Credo che anche a livello di Federazione si debba iniziare a capire la differenza fra sport amatoriale e coaching così da formare gli operatori in modo diverso. Se vuoi insegnare tennis per diletto sarai preparato in un certo modo se vuoi fare, invece, il Tecnico Sviluppo Performance, allora seguirai un percorso formativo differente.
Io con il mio SIT sto cercando di creare i presupposti per una performance sia di mentalità, sia tecnica, sia fisica, tattica, sia di conoscenza dell’ambiente, sia di pregnanza di conoscenza del sistema perché è inammissibile che un aspirante giocatore non conosca i protagonisti o i tornei del tennis“.
Chi viene all’Accademia Vavassori deve sapere, insomma, che qui il tennis si impara affinché un domani possa diventare la professione dell’allievo iscritto. “E’ una questione etico/organizzativa e di proposta: io non voglio prendere in giro nessuno e quindi ho necessità di dire, già in fase iniziale, che se vuoi giocare a tennis devi farlo minimo 3 volte a settimana, altrimenti non impari”.
Questo il patto di Renato Vavassori che, con la sua Accademia e il suo programma SIT “ogni atleta con la corretta assistenza, può arrivare a diventare un campione”.
Le basi ci sono, il resto spetta a voi!
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